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La Cassazione su società di fatto, occulta e irregolare

L’ordinanza della Corte di Cassazione numero 26133, del 5 settembre 2022, fa il punto sulle condizioni quali di fatto, occulta e irregolare che possono interessare le società di persone.

Queste qualificazioni non sono necessariamente alternative, in quanto tali condizioni possono anche presentarsi contestualmente in una medesima situazione.

Il corretto inquadramento, utile ai fini di dottrina, rileva anche dal punto di vista pratico, dato che ognuna di queste condizioni può avere un differente impatto sui soci partecipanti alla compagine sociale.

Come concetto generale le condizioni di società di fatto, società occulta e società irregolare non interessano le società di capitali, in quanto queste sono soggette al vincolo della pubblicità costitutiva, in conseguenza del quale una società di capitali di fatto, occulta o irregolare è nei fatti non esistente

Non è un caso che, delle operazioni compiute dalla società di capitali prima della sua iscrizione sul Registro delle imprese, è direttamente e personalmente responsabile colui che ha agito, dato che anche personalità giuridica e responsabilità limitata si acquisiscono con l’iscrizione.

Diversamente, per le società di persone il regime pubblicitario è solo dichiarativo, ed è proprio in conseguenza di ciò che si definisce la società irregolare come quella particolare società di persone, regolarmente costituita, che però non è stata iscritta presso il Registro delle imprese (l’iscrizione, in questo caso non realizza l’esistenza della società ma la sua regolarità).

La Corte di Cassazione ci dice infatti che “società irregolare è quella che, anche se costituita per esplicito accordo scritto, non sia stata registrata”.

In conseguenza di ciò, quella della regolarità, per una società, è condizione che può essere persa anche durante la vita dell’impresa, nel momento in cui, per una qualsivoglia motivazione, questa sia cancellata dal Registro delle imprese ma continui a esercitare l’attività economica.

Diversamente la società di fatto si definisce come quel vincolo societario esistente, ma per il quale manchi la prova scritta della costituzione del rapporto sociale. Ci ricorda infatti la Corte che “si parla di rapporto sociale di fatto nel caso in cui manchi la prova scritta della costituzione del rapporto, peraltro non richiesta dalla legge ai fini della sua validità”.

Dal punto di vista teorico una società di fatto può essere commerciale o non commerciale; ma, dato che la società di fatto non commerciale non è altri che la società semplice, che può nascere anche solo per comportamento concludente, allora una società di fatto, che non sia una società semplice, dovrà considerarsi commerciale.

Infine, si definisce società occulta quel particolare vincolo societario che non viene esternalizzato nei confronti dei terzi; infatti, secondo le definizioni della Corte di Cassazione:

  • il rapporto sociale è occulto quando, pur esistendo anche solo di fatto, non venga esteriorizzato nei rapporti con i terzi”;
  • ciò che rileva in ogni caso, sia nei rapporti interni tra i soci sia nei rapporti con i terzi, è l'effettiva esistenza della società, perché la società di persone realmente esistente, ma occulta, risponde di fronte ai terzi anche in difetto della esteriorizzazione, ossia della prova di un comportamento dei soci apparenti idoneo a determinare in concreto l'incolpevole affidamento dei terzi circa l'esistenza della società, essendo sufficiente che la società esista di fatto, anche a prescindere da un accordo espresso fra le parti”;
  • ciò che caratterizza questa condizione è il fatto “che la mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi, da parte del giudice, l'esistenza di una società occulta, ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all'esercizio dell'attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell'ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio comune, sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi (articolo 2256 Codice civile) ed alle azioni esecutive dei loro creditori personali (articoli 2270 e 2305 Codice civile), l'unica particolarità della peculiare struttura collettiva de qua consistendo nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci) ma in nome proprio”.