Rimborso Impatriati anche con dichiarazione integrativa, dice la Cassazione
Con l’ordinanza n. 30569 del 20 novembre 2025 , la Corte di Cassazione affronta nuovamente il tema dell’accesso all’agevolazione prevista dall’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015, nota come regime degli “impatriati”. La pronuncia assume particolare rilievo per i datori di lavoro e i consulenti fiscali che, in qualità di sostituti d’imposta, gestiscono l’applicazione del beneficio in busta paga o verificano la correttezza delle istanze di rimborso presentate dai lavoratori rientrati in Italia.
Il caso riguarda il diritto al rimborso IRPEF per annualità pregresse in caso di omissione della richiesta al datore di lavoro e di presentazione di una dichiarazione integrativa oltre i termini ordinari previsti dall’articolo 2 del D.P.R. 322/1998. La Suprema Corte, richiamando la propria giurisprudenza e le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate (circolare 14/E/2012), chiarisce in modo definitivo la portata della normativa, distinguendo tra opzione tramite sostituto d’imposta e diritto autonomo del contribuente a richiedere il rimborso.
Il caso rimborso per piu annualità diniego parziale dall’agenzia
Il contribuente, rientrato in Italia nel 2016, aveva richiesto nella propria dichiarazione dei redditi il rimborso delle maggiori imposte versate dal datore di lavoro, qualificabili come eccedenze derivanti dal regime degli impatriati. L’istanza riguardava gli anni d’imposta dal 2016 al 2020. L’Agenzia delle Entrate riconosceva il rimborso solo per il triennio 2018-2020, negando invece le somme relative al 2016 e 2017, poiché indicate in una dichiarazione integrativa trasmessa tardivamente nel 2020.
Il contribuente presentava quindi istanza di rimborso e, decorso il termine di 90 giorni, impugnava il silenzio-rifiuto dinanzi alla giustizia tributaria.
La Corte di giustizia tributaria di primo grado respingeva il ricorso, ritenendo che l’agevolazione non fosse più fruibile a causa della mancata richiesta al datore di lavoro e della tardività della dichiarazione integrativa.
In appello, la Corte di secondo grado riformava integralmente la decisione, rilevando che nessuna norma prevede la decadenza dal regime per le ipotesi contestate dall’Ufficio. L’Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso per cassazione, sostenendo che il beneficio può essere esercitato solo attraverso:
a) richiesta scritta al datore di lavoro;
b) opzione nella dichiarazione dei redditi presentata entro i termini previsti dall’articolo 2, comma 8-bis del D.P.R. 322/1998.
Secondo l'interpretazione dell’Ufficio, la richiesta avanzata solo con la dichiarazione integrativa tardiva non consente la fruizione dell’agevolazione per gli anni 2016-2017.
Le motivazioni della giustizia tributaria e della Cassazione
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado aveva riconosciuto il diritto al rimborso, evidenziando che:
- il legislatore non prevede alcuna decadenza dal beneficio in caso di mancata attivazione tramite sostituto d’imposta;
- la presentazione di una dichiarazione integrativa tardiva non incide sulla possibilità di richiedere autonomamente il rimborso ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 602/1973.
La Suprema Corte conferma l’impianto argomentativo dei giudici di merito e rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Afferma infatti che:
- l’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015, nella versione applicabile al periodo considerato, non prevede alcun termine decadenziale che limiti la possibilità di chiedere il rimborso;
- il divieto di rimborso introdotto dal comma 5-ter dell’articolo 16 (inserito dal D.L. 34/2019, conv. L. 58/2019) è successivo ai periodi in contestazione e non applicabile retroattivamente;
- le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate contenute nella circolare 14/E/2012 confermano che, in via residuale, il contribuente può sempre presentare un’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 602/1973, producendo la documentazione idonea a dimostrare la spettanza dell’agevolazione;
- la tardività della dichiarazione integrativa non comporta la perdita del beneficio, ma solo la mancata possibilità di attivare la procedura tramite sostituto d’imposta.
La Corte richiama inoltre precedenti conformi (ad es. Cass. 34655/2024 e Cass. 15234/2025), ribadendo che il mancato rispetto del termine previsto per esercitare l’opzione non comporta decadenza dal regime, bensì la semplice necessità per il contribuente di attivarsi direttamente per ottenere il rimborso.


