Somministrazione di lavoro: il limite dei 24 mesi è complessivo

Con la sentenza n. 29577 del 7 novembre 2025 (udienza del 24 settembre 2025), la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – è tornata a pronunciarsi sulla durata massima dei contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato e sulle conseguenze derivanti dal superamento del limite dei 24 mesi previsto dal D.Lgs. 81/2015, come modificato dal D.L. 87/2018 (convertito nella legge n. 96/2018).

La decisione si inserisce in un contesto di crescente attenzione giurisprudenziale verso l’uso reiterato della somministrazione a termine e mira a chiarire gli effetti di un impiego prolungato dello stesso lavoratore presso la medesima azienda utilizzatrice.

La Suprema Corte ha confermato l’orientamento volto a considerare il limite temporale dei 24 mesi non solo come vincolo riferito al rapporto tra agenzia e lavoratore, ma anche quale limite complessivo all’utilizzo dello stesso lavoratore da parte dell’impresa utilizzatrice.

In caso di violazione, la sanzione è la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore, in linea con i principi di tutela del lavoro e di conformità alla Direttiva 2008/104/CE sul lavoro tramite agenzia interinale.

Il caso

Un lavoratore aveva prestato attività presso una società del settore metalmeccanico attraverso 47 contratti di somministrazione a termine stipulati con un’agenzia interinale, per un periodo complessivo di oltre 37 mesi.

A seguito della cessazione del rapporto, egli aveva impugnato i contratti sostenendo che fosse stato superato il limite massimo di durata previsto dalla normativa e chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con l’impresa utilizzatrice.

La Corte d’Appello di Brescia aveva accolto la domanda, dichiarando costituito il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il lavoratore e la società utilizzatrice, con inquadramento nel secondo livello del CCNL Metalmeccanici Industria e decorrenza dal 28 gennaio 2019.

La Corte territoriale aveva ritenuto illegittima la reiterazione dei contratti di somministrazione oltre il tetto di 24 mesi, richiamando gli articoli 31 e 38 del D.Lgs. 81/2015 e ritenendo irrilevante la distinzione tra le diverse causali apposte ai contratti.

L’impresa aveva impugnato la sentenza davanti alla Cassazione sostenendo, tra gli altri motivi, che:

  • il limite di 24 mesi non si applicasse al rapporto commerciale tra agenzia e utilizzatore, ma solo a quello tra agenzia e lavoratore;
  • l’eventuale superamento del termine potesse determinare al più la costituzione di un rapporto stabile con l’agenzia di somministrazione;
  • la normativa di riferimento non prevedesse, fino al D.L. 104/2020 (convertito nella legge n. 126/2020), alcuna sanzione di “conversione” del rapporto in capo all’utilizzatore.

Le decisioni di merito e della Cassazione

Come anticipato sopra, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello.

La Suprema Corte ha chiarito che il limite massimo di 24 mesi per la durata complessiva delle missioni di somministrazione a termine dello stesso lavoratore  si applica anche al rapporto commerciale tra agenzia e impresa, in virtù del collegamento negoziale che caratterizza la fattispecie della somministrazione di lavoro.

Secondo i giudici di legittimità, la violazione del limite temporale configura un caso di somministrazione irregolare ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. 81/2015, con conseguente diritto del lavoratore a chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con l’utilizzatore.

La Cassazione ha affermato che la nullità del contratto di somministrazione si estende a tutti i rapporti collegati, determinando una “duplice conversione”: sul piano soggettivo (rapporto con l’utilizzatore) e oggettivo (trasformazione a tempo indeterminato).

Nel formulare il proprio principio di diritto, la Corte ha precisato che:

“La reiterazione di missioni a termine dello stesso lavoratore in somministrazione presso il medesimo utilizzatore e per lo svolgimento sempre delle stesse mansioni è soggetta, nel vigore del D.Lgs. 81/2015 come modificato dal D.L. 87/2018, al limite temporale complessivo di 24 mesi, il cui superamento determina la nullità dei contratti e legittima il lavoratore a chiedere, anche solo nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo.”

La Cassazione ha così ribadito la necessità di garantire la temporaneità effettiva delle missioni di lavoro somministrato, evitando abusi nella reiterazione dei contratti e assicurando la coerenza della disciplina nazionale con i principi dell’Unione europea